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Calcio Dilettanti

Promozione, intervista al nuovo mister de Il Cervo Brianti: “Credo nei giovani, vanno fatti giocare più di quanto non dicano le norme”

Promozione, intervista al nuovo mister de Il Cervo Brianti: “Credo nei giovani, vanno fatti giocare più di quanto non dicano le norme”

Nella serata di ieri Il Cervo ha annunciato il nome del nuovo allenatore che sostituirà il dimissionario Corniali. Abbati? Pietranera? No, niente affatto. Stefano Brianti, l’uomo che non ti aspetti. Forse meno personaggio di tanti altri, visto che all’esposizione mediatica preferisce il sano e quotidiano lavoro sul campo. E l’esperienza in materia non gli manca. Classe ’73, Brianti – che, quando giocava ancora, da ragazzino, era stato aggregato alla prima squadra del Parma e che ha militato anche in Serie D nel Noceto – ha sempre dedicato il proprio impegno e la propria passione al settore giovanile, ricoprendo più ruoli, e nell’ultimo anno alla figura di allenatore in seconda. Ora però è giunto il momento di spiccare il volo tra i “grandi”: dopo tanta gavetta (nelle scuole calcio e nei settori giovanili di Milan Club, Parma, Crociati Noceto, Langhiranese e San Secondo), ci proverà partendo dal Cervo, con cui combatterà per ottenere una non facile salvezza nel campionato di Promozione.

In una lunga e interessante intervista, il nuovo tecnico dei neroverdi ha confessato ai microfoni di SportParma tutto l’entusiasmo per il nuovo incarico e ha fatto il punto della situazione sulle continue evoluzioni delle ultime settimane.

 

Benvenuto su SportParma, mister. Intanto congratulazioni per il nuovo incarico. Ci spieghi com’è nata la trattativa con Il Cervo?

«In quei giorni io ero in Germania. Al 99%  è avvenuto tutto per via telefonica, metodo che i dirigenti del club, per altro, stavano utilizzando anche con altri allenatori con cui erano entrati in contatto. Molto velocemente, nella giornata di domenica, abbiamo concluso. Il Ds Ferrari ha parlato molto bene durante l’incontro, ci siamo trovati fin da subito. E inoltre, secondo me, anche per lui questa scelta è stata una sorta di liberazione: ha trovato in me un tecnico “fuori dagli schemi”, diciamo che abbiamo un po’ spezzato la catena dei soliti nomi. Sono stato contento di questa scelta».

 

Lei ha grande esperienza nel mondo del calcio, per tanti anni però ha vissuto – per così dire – lontano dalle luci della ribalta, dedicandosi interamente al settore giovanile e nella scorsa stagione a fare l’allenatore in seconda. Per la prima volta si troverà ad allenare una squadra di “grandi”: ci sperava?

«Era una cosa che mi ero posto da quando ho cominciato ad allenare – e ho avuto la fortuna di farlo a buoni livelli, per non dire alti. Però, ormai mi sento vecchio… La gavetta, durata trentacinque anni, è stata voluta. Io trovo che sia più allo sbaraglio il giocatore che smette e che, dopo pochi mesi, per caso o per altri motivi, si ritrova su una panchina importante. Ho imparato tanto fin dai tempi dei ritiri del Parma a Tizzano con Sacchi e Zeman, quando ero un ragazzino. All’epoca avevo 14 o 15 anni, ma ogni momento mi è servito per conservarlo e per farne tesoro. Ovviamente, premetto che l’attenzione dovrà essere altissima per non sottovalutare questo campionato, ma posso anche sostenere che sinceramente un po’ di esperienza nel calcio in questi anni l’ho accumulata… Sono pronto».

 

Cosa cambierà, nel suo approccio di fare calcio, il fatto di esser passato da vice ad allenatore?

«Secondo me, dal punto di vista calcistico cambia il fatto che avrò maggiori responsabilità. Alla prima squadra un tecnico deve dare un’impronta tecnico-tattica e, in questo caso, il primo responsabile sarò io. L’allenatore in seconda ha comunque una grande importanza per la gestione dei giocatori. D’altronde, i grandi allenatori hanno sempre avuto ottimi secondi: guarda Tassotti, ad esempio, uno che di sicuro aveva voce in capitolo a Milanello…».

 

Quali idee di calcio proverà ad inculcare nei prossimi mesi alla sua nuova squadra? Nei prossimi mesi avrà molti riflettori in più puntati addosso: proviamo ad anticipare qualche suo segreto…

«Io tengo il profilo basso e non mi pubblicizzo molto. Anche se forse dovrei farlo di più: perché, purtroppo, il mondo del calcio dà un po’ troppo spazio a chi tende a far conoscere la propria notorietà; ma mi va bene così, non mi lamento delle mie scelte. Ovviamente i riflettori, adesso che sono in una prima squadra, saranno molto più puntati rispetto alla Juniores o agli Allievi. Come modello, io mi rifaccio molto a Sacchi, che per me è stato un maestro e un innovatore del calcio. Ma anche Zeman mi piace molto, è stato uno che ha rotto gli schemi con certe logiche del calcio “delle lobby”».

 

Lo scorso anno lei, in coppia con Barbarini, aveva lavorato molto bene nel neopromosso San Secondo. Arriva la naturale conferma, poi qualcosa va storto: il difensore De Angelis non viene confermato, mister Barbarini si dimette, e con lui anche il suo vice. Cosa l’ha spinta a rassegnare le dimissioni? D’altronde lei avrebbe potuto restare alla guida della Juniores…

«Esatto. A San Secondo mi avevano confermato come vice e come allenatore della Juniores. Quindi a piedi non ci sarei rimasto. Tuttavia, io mi sono dimesso per solidarietà nei confronti del mister. Secondo me, non sono stati rispettati, in serie, diversi accordi verbali, che nel calcio a questi livelli sono molto importanti. Se a fine maggio/inizio giugno viene confermato tutto com’era prima e poi queste aspettative non vengono rispettate, ovviamente le carte in tavola non sono più le stesse: cambiano le condizioni per i giocatori, per gli allenatori, per i direttori sportivi… Noi non ci saremmo mai aspettati che le cose sarebbero andate a finire così. Magari ci sono state delle incomprensioni, però la mossa di dimettersi di Alessandro l’ho capita e l’ho condivisa».

 

È amareggiato per come sia andata a finire con il San Secondo?

«Sì, sì. Posso dire che io, in tanti anni che sono dentro a questo mondo, non avevo mai visto un’armonia come quella che abbiamo trovato a San Secondo lo scorso anno: ambiente sano, pulito, i ragazzi stavano bene insieme… E, sinceramente, non ho capito perché si sia voluto modificare questo ambiente. Peccato».

 

Tornando, invece, al presente e al futuro, Il Cervo ha un programma ben definito: puntare su calciatori giovani per cercare di ottenere la salvezza in Promozione, che sarà molto competitivo e combattuto. Il suo predecessore, che era stato scelto questa estate, ha rassegnato le dimissioni perché, a detta della società, non aveva fiducia in questa squadra e avrebbe gradito qualche acquisto di rilievo in più. Manca qualcosa alla rosa, secondo lei? Può salvarsi questo Cervo?

«Secondo me, ci si può salvare anche con questa squadra qua e con questo tipo di rosa. Per noi sarà importante puntare sull’entusiasmo e sulla voglia di fare. Oggettivamente, se ci fosse un elemento o due che diano maggiore ordine – diciamo così -, sarebbe meglio. Ma a me sta bene qualsiasi tipo di rosa: la sfida dell’allenatore è anche quella di fare il meglio possibile con la rosa a disposizione. E poi, secondo me, i ragazzi che compongono questa rosa non sono neanche così scarsi come vengono dipinti da tanti. Dovremo sfruttare l’entusiasmo dei giovani e la struttura societaria, che è veramente ottima a mio avviso. Io credo molto nei giovani. Dei giocatori già affermati, dei cosiddetti “top player” per queste categorie non mi interessa molto. Ritengo che i giovani debbano essere inseriti al di là dell’obbligatorietà: io spero di farne giocare di più rispetto a quelli che sono già imposti dalle norme. È chiaro che il giocatore giovane poi deve formarsi sotto tanti vari percorsi, però un ragazzo a 18-19 anni è già un giocatore. Talvolta questi ragazzi vengono bruciati perché troppo osannati, per me bisognerebbe trattarli come dei normali giocatori e abbandonare ogni spirito geriatrico, per cui ogni calciatore esperto è sempre più buono dell’altro. Altrimenti, il rischio è creare delle generazioni un po’ piatte».

 

Perché ha accettato Il Cervo?

«Senz’altro il progetto e la struttura societaria che può vantare questa società sono stati decisivi. Inoltre, fin da subito, mi sono trovato a nozze con il discorso che mi ha fatto il direttore sportivo Ferrari».

 

Se dovesse descriversi con tre parole…

«Grinta, onestà e fantasia. Onestà per me è sinonimo di sportività: vincere rubando mi fa tendenzialmente schifo».

 

Grazie per la disponibilità, mister. SportParma le augura le migliori fortune per questa nuova esperienza e per la prossima annata.

«Grazie. Crepi il lupo!»

 

 

(Nella foto, l’esultanza di Brianti e Gualtieri durante San Secondo-Langhiranese del campionato ’15/’16)

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