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Rugby

Mario Pisaneschi: un eroe parmigiano nel museo di Twickenham

Mario Pisaneschi: un eroe parmigiano nel museo di Twickenham

Gli appassionati di rugby che si trovino per qualsiasi motivo a Londra, non possono evitare di visitare il museo ospitato nello stadio di Twickenham, il tempio del rugby. Dallo scorso mese di gennaio, all'interno della più ampia collezione di cimeli rugbistici del mondo, trova spazio una teca che rende omaggio a un grande giocatore parmigiano, Mario Pisaneschi.

La maglia, verde in quell’occasione, gli scudetti autografati, la brochure di presentazione e le foto di gioco ricordano una storica partita, la prima degli azzurri nel tempio del rugby mondiale, il 16 aprile del 1955. Pisaneschi fu grande protagonista di quell’incontro, tra una selezione delle contee di Londra e una italiana che di fatto erano le nazionali dell’epoca. Al 9’ minuto Pisaneschi prende palla da una mischia nei 22 avversari, finta il passaggio, si invola e serve corto per Aiolfi che deposita il pallone in mezzo ai pali lasciando a bocca aperta gli spettatori inglesi, come si legge nell’articolo dell’epoca della Gazzetta dello Sport.
Un’impresa che resta nella storia della palla ovale italiana e parmigiana in particolare, una storia di cui Mario ha firmato tante pagine indimenticabili, come i tre scudetti conquistati con la Rugby Parma negli anni cinquanta. Un mediano di mischia ammirato da compagni e avversari, tanto che sui volantini di presentazione della partita gli inglesi lo presentavano così: Quando lui ha la palla, tu non sai a chi la darà, ma sicuramente farà la cosa migliore per la sua squadra.

pisaneschisquadraweb 828501625La storia di Mario Pisaneschi è di quelle che andrebbero insegnate ai ragazzi nelle scuole come esempio di impegno, dedizione e passione: di umili origini, figlio di un operaio delle tranvie originario delle colline pistoiesi, nasce a Parma il 29 settembre 1923 dove il padre viene trasferito in seguito a una promozione. I soldi sono pochi e così si paga gli studi svolgendo ogni genere di lavoro, dal vigile urbano all’impiegato della mutua; consegue il diploma magistrale e la maturità scientifica. La sua massima aspirazione è quella di diventare medico, ma l’università costa troppo, così Mario sceglie prima la facoltà meno cara, Veterinaria, per poi laurearsi in Medicina negli anni successivi. Nel frattempo, dai 18 ai 35 anni, riesce anche a dedicarsi al rugby, una disciplina all’epoca “riservata” ai figli delle famiglie più in vista della città. In un certo senso attraverso la palla ovale Mario sale la scala sociale, non per meriti ereditari, ma per le sue grandi qualità di atleta e giocatore. La sua carriera professionale, così come quella sportiva, è costellata di successi e progetti importanti: collabora con le Università di Torino (nello staff del celebre cardiologo Dogliotti) e Napoli (dove si specializza in Pneumatologia con il famoso professor Monaldi), è docente di idrologia medica all’Università di Parma e direttore delle Terme di Tabiano fino alla pensione nel 1988. Malato di cuore dai 49 anni, si spegne vent’anni dopo senza che la malattia e un infarto ne avessero minato la passione e la voglia di fare, tanto che era ancora impegnato in nuovi progetti.

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Parallelamente agli studi si costruisce una gloriosa carriera sportiva; in una Rugby Parma che propone un gioco moderno rispetto al passato, è pioniere “dell’apertura in volo”, primo atleta a sud delle Alpi a compiere un gesto atletico oggi di ordinaria amministrazione per il mediano di mischia. Gioca con Lanfranchi, cui sarà dedicato lo stadio di viale Piacenza ora demolito (mentre a Pisaneschi sono intitolati gli impianti comunali gestiti dalla Rugby Parma in via Lago Verde), con Giorgio Fornari, Domenico Mancini, Mario Percudani e tanti altri amici che costruiscono le fortune del rugby locale. Ha la fortuna di calcare il terreno di gioco di Twickenham e del Parco dei Principi a Parigi, affrontando avversari di indubbio valore che gli rimangono amici fino alla morte, come Pietro Gabrielli (titolare dell’osteria di via Margutta ai tempi della Dolce Vita) e Bubi Farinelli della Rugby Roma, dominatrice in Italia insieme a Parma negli anni ‘50.
Il suo amore per la Rugby Parma si evince da un aneddoto che, con immenso orgoglio, ci racconta la figlia Donatella: «Prima della partita con il Napoli, in trasferta, il presidente partenopeo Achille Lauro, noto armatore, scese negli spogliatoi e gli chiese quanto volesse per andare a giocare con loro, qualsiasi cosa tu voglia, io te la do furono le sue parole. Ma papà rispose che era di Parma e sarebbe rimasto nel Parma. Allora Lauro sconsolato estrasse allora uno dei suoi famosi sigari e disse fumati questo, magari poi corri un pò meno e noi possiamo vincere».

Il ricordo della figlia Donatella, che l’ha aiutato a marcare “l’ultima meta”

Sulla sua lapide, nel cimitero di Bargone, vicino a Salsomaggiore, dove Mario riposa dal 31 maggio del 1993, la figlia Donatella ha fatto scrivere “Medico e Rugbista”: «Le due cose che, oltre alla sua famiglia, ha più amato nella sua vita» ci spiega commossa.
«Quando andò in pensione nel 1988 promise a me e mia mamma che ci avrebbe portato a Twickenham, a vedere nel museo le foto di quella storica partita. Purtroppo non riuscì a farlo prima di lasciarci – spiega Donatella -. Così con mio marito e mio figlio Samuele (12 anni) che gioca nelle giovanili del Fidenza – Noceto, siamo andati a visitare il museo la scorsa estate ma non abbiamo trovato le foto. Purtroppo, come ci ha spiegato mister Rowe, il curatore, nel 1990 il museo fu rinnovato completamente e le foto non erano più state esposte. Allora gli abbiamo spedito la maglia, gli scudetti autografati dai giocatori delle due squadre, le foto e l’articolo della Gazzetta dello Sport; lui ne è stato molto colpito e ha deciso di dedicargli una teca». E così Mario ha potuto segnare ancora una meta, 55 anni dopo quella propiziata sul campo, nel tempio del rugby mondiale.

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